ADOZIONE IN CANILE: TI SALVO LA VITA, APPARTIENI A ME

Cari lettori interessati come sapete in questo periodo sono più spesso in canile per prestare la mia attività professionale ai volontari che si occupano di cani che non hanno ancora un proprietario. E questa settimana ho assistito a due adozioni. Dopo due ore di colloquio preadottivo un cucciolo e un cane adulto varcano il cancello del canile. Wow, che bello si può pensare. Se non fosse che sono rientrati tutti e due. A distanza di sei giorni. Sei. Centoquarantaquattro ore.

Nemmeno il tempo d’adattamento. Che tendenzialmente avviene nell’arco di un mese.

Quali possono essere i motivi di questa repentina rinuncia d’adozione?

I motivi addotti per la rinuncia sono diversi. Ma, a mio avviso, ho avuto modo di notare che possono avere un unico comune denominatore: tu cane, sei stato salvato da me umano, per cui devi comportarti come io voglio. Sono il tuo divino salvatore. Asseconda il mio ego. Asseconda le mie abitudini. Rinuncia al tuo adattamento. Plasmati rapidamente a me, più rapidamente che puoi. Chinati a me, mio amato schiavo. Ti darò il tempo che mi avanza dal resto della mia vita di famiglia, di lavoratore, di genitore o figlio. Non farò sacrifici per te, sei già fortunato che ti abbia scelto.

Mi dispiace, sarò categorico, ma credo che nessun adottante debba decidere di rivolgersi al canile per adottare un cane solo perché “così si fa una opera di bene”. No, sarebbe una scelta egocentrica e narcisistica. Matrice di un nobile buonismo.

Ricordo durante la liberazione dei cani di Green Hill: ancora prima di liberarli c’era già un numero di richieste di adozione che superava le disponibilità.

Vuoi mettere ad avere adottato un beagle da sperimentazione rispetto ad un cane X del canile X?

Certo che adottare in canile rappresenta un gesto nobile; ma per farlo bisogna mettere in conto PRIMA tutte le consapevolezze che comportano una vita convissuta con un cane, e POI quelle che riguardano un soggetto che è passato per il canile.

Un’adozione comporta il relazionarsi con un soggetto che- se cucciolo- è solo potenzialmente totipotente: il suo carattere infatti dipenderà dal prodotto della genetica e dell’ambiente, quest’ultimo inteso come esperienze, sistema famiglia, eventi favorevoli e sfavorevoli, e così via.

Immaginarsi un’adozione con un ospite del canile: presuppone necessariamente il prendersi in incarico quel soggetto con tutte le sue rappresentazioni, le sue idee, le sue esperienze, le sue difficoltà e diffidenze, le sue emozioni. Non sempre positive.

E se la scelta segue lo slancio del “ti adotto perché sfigato”, ci si dimentica dei talenti di quel soggetto. Delle potenzialità. Delle risorse cognitive e comportamentali che solo un cane che è passato per un’esperienza così traumatica come il canile può aver sviluppato. Avendola superata.

Perché quando sei da solo in un mare di difficoltà, o ti salvi o diventi pazzo. E di soggetti in stato di patologia comportamentale, al canile, nonostante tutto, ce ne sono pochi.

Anzi ci sono soggetti che, con la loro resilienza, sarebbero dei leader più calmi e risoluti di molti umani.

E allora mi viene da dare qualche dritta a questo umano salvatore: tu umano, che pensi di salvare una vita, recati in canile, con umiltà ed ascolto attivo.
Con occhio attento, guarda la potenza e i talenti. Non la taglia, il peso, il mantello.

Resta affascinato da cosa i volontari possono raccontarti di quel soggetto. Pensa a quanto potresti imparare della tua vita portando questa vita a casa. Con messa in discussione, con idea di cambiamento. Di contaminazione. Di relazione.

Se non sei disposto a mettere in conto un mese di adattamento solo al termine del quale inizierai a capire il vero carattere del tuo cane, se non sei disposto a mettere in conto i danni, i sacrifici, le notti insonni, la rinuncia delle proprie aspettative, l’ idea di dominanza e beatificazione, beh, forse è meglio che tu prenda un cane di terracotta. Non sporca, non è impegnativo, non da fastidio. Non necessita delle passeggiate. Non ha bisogno di te. Lo esibisci agli amici e te ne prendi tutti i meriti.

Lo plasmi ad immagine e somiglianza tua, e quando vuoi, lo metti in giardino. Insieme ai sette nani.

No, mi dispiace caro umano, non lo hai salvato quel cane; semmai hai pareggiato il debito di un altro umano per cui quel cane si trova in canile.

(L’Interessante 9 marzo 2017 – Di Luigi Sacchettino)