L’empatia nel Mondo Animale

L’empatia è fortemente connessa alle cure parentali, giacché per avere successo nell’accudimento, nella protezione e nell’assolvimento dei bisogni dei cuccioli il genitore deve ampliare la zona del proprio sentire oltre i limiti del proprio sé.

Le cure parentali prevedono, infatti, una serie di attività correlate alla motivazione epimeletica, ma altresì richiedono la disponibilità da parte di chi accudisce di preoccuparsi circa le condizioni specifiche, e variabili di volta in volta, del cucciolo: in altri termini, è la tendenza a considerare l’altro da sé come un prolungamento del proprio corpo. Con la differenza che, mentre il corpo informa in maniera diretta circa i bisogni provati – la fame, la sete, il freddo, la sensazione di precarietà – in questo caso il genitore dev’essere in grado d’interpretare prima di tutto emotivamente lo stato dell’altro.

Si tratta ancora una volta di un’interpretazione pre-riflessiva, di carattere eminentemente emozionale, fondata sul coinvolgimento e sull’osmosi emozionale. Voglio dire, in pratica, che prima ancora di basarsi su una rappresentazione più o meno consapevole dello stato altrui, la co-senzienza si fonda su un’assonanza emotiva, un lasciarsi coinvolgere dalle emozioni che l’altro sta esprimendo. Questa propensione è verificabile anche nei bambini molto piccoli che, prima ancora di capire perché l’altro mostra paura, gioia, tristezza o qualunque altra emozione, vengono coinvolti dal flusso emozionale e si concertano sulla stessa corda emotiva.

L’empatia è quindi la propensione o disponibilità a lasciarsi influenzare dagli stati emozionali di qualcun altro, a differenza della simpatia che è incontrarsi sulle medesime prevalenze emozionali. Non sono pertanto d’accordo con chi ritiene l’empatia una disposizione che necessiti di alti processi di elaborazione o addirittura considerevoli livelli d’intenzionalità, per quanto è indubitabile che affinandosi le conoscenze e rafforzando la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” migliori considerevolmente la competenza immedesimativa.

Nei bambini l’assunzione della prospettiva altrui trova un proprio consolidamento intorno ai cinque anni di vita, tuttavia non possiamo certo affermare che in precedenza il bambino non sia in grado di co-senzienza, vale a dire di lasciarsi influenzare dal tono emozionale altrui, per quanto differente dallo stato emozionale che il fanciullo sta provando in un certo particolare momento. L’empatia è perciò, a mio avviso, una facoltà di assonanza emotiva pre-riflessiva, molto simile alla simpatia, ma caratterizzata dall’accoglienza e dal coinvolgimento rispetto a stati emozionali espressi da un’alterità che trova le sue fondamenta nella tendenza parentale a estendere il proprio dominio del sentire oltre i confini del corpo e nell’osmosi emozionale.

L’empatia è perciò una disposizione innata, indispensabile nelle specie che hanno imboccato la strada delle cure parentali, perché in grado di rendere il genitore partecipe delle istanze espresse dal cucciolo, anche quando non suscitate dalla condizione particolare dell’adulto. L’empatia rende perciò la mamma e il suo cucciolo come un unico corpo emotivamente esposto al mondo e ha nel legame d’attaccamento un suo fattore d’implementazione e rafforzamento, cosicché possiamo pensare che, seppur basata su una dotazione innata, tale disposizione trova una sua evoluzione d’incremento proprio nel processo di attaccamento.

Come sappiamo dagli studi di Hinde (1977), Bowlby (1989) e Ainsworth (1982), a seconda dello stile di attaccamento che si verifica nella relazione con la base sicura, avremo risultanze ontogenetiche differenti nel cucciolo: in particolare nelle aree della sicurezza, dell’orizzonte esperienziale, dell’ambito relazionale e affiliativo. Tra i caratteri che risentono dello stile di attaccamento, un aspetto che qui ci interessa direttamente è proprio la disposizione empatica, nel senso che, quanto più completo, accogliente, costante e sicuro è stato il rapporto con il genitore, tanto più verrà rinforzata la capacità empatica dell’individuo.

Non sorprende, dunque, che siano le specie che prevedono un rapporto con il genitore più lungo e articolato, quelle che manifestano una maggiore propensione empatica. Dagli studi suesposti sull’attaccamento, si è potuto verificare che lo stile relazionale assunto con la base sicura sarà riproposto dal soggetto, una volta adulto, nelle relazioni affiliative: per tale motivo Ainsworth riporta nell’essere umano una serie di profili affettivi, quali l’evitante, il resistente, il sicuro.

Potremmo dire in definitiva che animali come i mammiferi siano da un punto di vista socio-relazionale declinati al femminile, giacché la loro relazione materna, nei suoi caratteri stilistici, diviene una sorta di archetipo relazionale-affiliativo che viene poi riproposto in tutte le altre situazioni. Come nel caso della disposizione epimeletica, l’empatia diventa una sorta di abito emozionale che, seppur sostenuto dal vantaggio replicativo che offre, rimane addosso all’adulto e lo porta a mantenere una soglia di partecipazione sentimentale aperta verso le alterità. Una mamma si preoccupa delle sofferenze e delle difficoltà dei propri cuccioli e questo amore ricevuto resta incollato sul profilo dell’individuo che, a sua volta, si manterrà sensibile nei confronti delle sofferenze o delle gioie altrui.

In questi animali le emozioni non sono mai solo un vissuto solipsistico o una dialettica disposizionale, ma divengono il collante che rende ogni individuo partecipe delle istanze provate dagli altri membri del gruppo. Le emozioni sono perciò la prima forma di connessione sociale, attengono cioè alla sfera pubblica del soggetto anche quando suscitate da una condizione privata. Compreso nell’empatia, l’individuo sente nel proprio corpo, ovvero somatizza, le emozioni che il suo prossimo sta vivendo e, quando questi si trova in difficoltà, il soggetto empatico non è in grado di sottrarsi alla cura e al soccorso.

Roberto Marchesini