Branco significa “famiglia”!

BRANCO SIGNIFICA “FAMIGLIA”!

 

Sembrerebbe una cosa bella, un significato positivo, ma in effetti anche in cinofilia non a tutti fa questo effetto! Vediamo perché.

Inizialmente (negli ultimi decenni del secolo scorso) “branco” era un termine riferito principalmente ai lupi, in un periodo in cui erano ancora molto ben considerate le teorie di Mech (poi sconfessate) sulla dominanza e sulle gerarchie.

Ai tempi non c’erano le strumentazioni per studiare efficacemente il lupo in natura, perciò sembrò ragionevole catturare un certo numero di lupi adulti, metterli insieme su un territorio circoscritto, e osservare cosa succedeva.

Questa era la migliore approssimazione possibile di un branco e si pensò che fosse sufficiente a capirne le dinamiche interne.

Il risultato fu di identificare il “branco” con un gruppo di individui che vivono insieme per convenienza – ad esempio per poter cacciare in gruppo e quindi uccidere prede più grosse – ma che per evitare di uccidersi a vicenda, regolano i loro rapporti e soprattutto l’accesso alle risorse in base alla “legge del più forte”.

Riportando questa visione al cane, l’uomo medio ne dedusse che era fondamentale, per non farsi sottomettere dai cani, diventare l’elemento maggiormente “dominante” e quindi “fargli capire chi comanda”…

Con l’avvento di nuove tecnologie (fototrappole, collari gps, ecc.) si sono presentate nuove possibilità e sono completamente cambiate le modalità con cui si studiano gli animali selvatici, che vengono osservati nel loro ambiente, mentre fanno la loro vita senza limitazioni e imposizioni esterne.

Questo ha permesso all’etologia di evolversi e ha portato una scoperta illuminante: dei branchi di lupi, ai tempi, non si era capito un tubo!

Attraverso l’osservazione dei branchi in natura, si è capito che un branco non è niente altro che una famiglia, caratterizzata da ruoli e dinamiche molto simili a quelli che osserviamo in numerose altre specie di animali sociali, fra cui anche l’uomo.

Il branco, cioè la famiglia, ha origine da due individui che si incontrano, si piacciono, si scelgono e formano una coppia stabile.

La coppia poi ha dei cuccioli, che durante le fasi della loro crescita devono imparare tutto quello che è necessario a cavarsela nella vita, a prosperare ed eventualmente a riprodursi.

Non esistendo un sistema scolastico nella società dei canidi, tutto questo apprendimento avviene necessariamente all’interno del branco, attraverso il passaggio di conoscenze e competenze da chi è più esperto (i genitori) ai cuccioli stessi.

Per agevolare l’apprendimento dei cuccioli e il loro inserimento nella struttura sociale del branco, esistono dei meccanismi fisiologici (principalmente di tipo ormonale) ed etologici (ossia basati su modalità espressive e del comportamento) che inducono nei genitori (e tendenzialmente, negli adulti in generale) una estrema tolleranza nei confronti dei piccoli, e nei cuccioli una naturale propensione ad accettare le informazioni ricevute dagli adulti del gruppo.

Un certo tipo di rispetto nei confronti dei genitori (e delle figure di riferimento dei cuccioli in generale), e una certa autorevolezza (e a volte autorità) da parte dei “grandi” nei confronti dei “piccoli”, tendono, in linea generale, a rimanere anche quando i figli diventano adulti.

Lo vediamo anche negli umani: il rispetto nei confronti dei genitori è considerato normale e dovuto, anche da parte dei figli ormai adulti, e frasi come “la mamma è sempre la mamma” rappresentano benissimo quello che avviene anche nei branchi di cani liberi (almeno finchè genitori e figli non vengono separati per un lungo periodo).

Ha senso parlare di ranghi all’interno di un branco?

Dipende, ma di sicuro non è ciò a cui fa riferimento chi parla tutt’ora di “dominanza” e di “sottomissione”.

Se per “rango elevato” intendiamo lo status di quegli individui del branco a cui viene riconosciuta competenza e autorevolezza, e che per questo vengono ascoltati, considerati e seguiti dal resto del gruppo, si, possiamo anche parlare di rango.

E’ importante notare che il “rango” però non deriva dalla capacità di un individuo di imporsi sugli altri con la forza, bensì dalle capacità che a un certo individuo vengono riconosciute dagli altri: in questo senso, la struttura sociale canina è più simile a una repubblica elettiva, che a una monarchia!

In una famiglia ha molto più senso parlare di ruoli.

In una specie sociale, la coesione del gruppo e la propensione dei suoi componenti a collaborare è fondamentale per la sopravvivenza e la prosperità del gruppo stesso.

In un branco libero bisogna fare molte cose diverse, per poter sopravvivere e prosperare: procurare cibo per tutti, difendersi dai “competitor”, trovare luoghi sicuri per riposare, saper riconoscere ed evitare i pericoli, proteggere i cuccioli, regolare le loro interazioni mentre crescono, e insegnare loro quello che serve per diventare adulti equilibrati… insomma c’è un mucchio di lavoro da fare in un branco!

Per massimizzare l’efficienza e l’efficacia del gruppo, i suoi componenti non fanno tutti la stessa cosa nello stesso modo: proprio come in una squadra di calcio ci sono difensori, attaccanti, eccetera, anche in un branco si differenziano vari ruoli e questo ha un impatto strategico enorme per il successo del branco stesso.

I ruoli nel branco creano una struttura sociale prevalentemente orizzontale (non verticale come nella visione “gerarchica”) perché i diversi ruoli sono tutti importanti e non c’è un ruolo intrinsecamente superiore a un altro.

Quando accogliamo un cane nelle nostre case, pensiamo al fatto che questo è il modo naturale con cui concepisce il gruppo, e che non c’è alcuna “corsa al potere” e che il “desiderio di comandare sull’uomo” semplicemente, in natura, non esiste.

Se un cane ha atteggiamenti minacciosi in famiglia…

Quando un cane si atteggia in modo impositivo e minaccioso all’interno della famiglia, ci sono principalmente tre possibili motivi:

1) Si sente minacciato da qualcosa o da qualcuno e sta cercando di difendere se stesso o ciò che gli sembra importante per la sua sopravvivenza e il suo benessere.

E’ possibile che ci siano problemi di comunicazione nel gruppo, che causano grossi fraintendimenti: aumentare la nostra aggressività e diventare a nostra volta impositivi e (dal suo punto di vista) prepotenti non farà altro che confermare le sue paure.

Questo problema può presentarsi anche diverso tempo dopo l’adozione e non andrebbe sottovalutato, perché con il tempo può peggiorare.

Quello che occorre è imparare a comunicare correttamente, diventare un esempio di serenità e applomb, e farlo sentire accolto e al sicuro.

2) Fa fatica a regolare le proprie emozioni, perché non ha avuto modo di fare le esperienze necessarie durante la crescita e quindi ogni minima novità è “troppo” e gli può causare un crollo emotivo.

La pazienza e un grande spirito di accoglienza sono fondamentali, ma l’aiuto di un professionista competente qui diventa veramente importante, perché, purtroppo, recuperare le competenze che non sono state sviluppate durante la crescita richiede impegno, supporto e competenza da parte di tutto il gruppo familiare, che quindi può necessitare di una guida.

In alcuni casi particolarmente seri, può essere molto importante anche il supporto di un veterinario esperto in comportamento.

3) E’ molto stressato dalle precedenti condizioni di vita e/o dal cambiamento di vita avvenuto con l’adozione, o da altri eventi super-stressanti, perciò anche se normalmente saprebbe gestire le sue emozioni, in questa fase è costantemente “sull’orlo di una crisi di nervi”.

In questo caso, è veramente importante capire che trovarsi in una famiglia non significa automaticamente farne parte, perciò occorre avere pazienza e lasciare che si integri con i suoi tempi, senza pretendere che sia “grato” per essere stato tolto alla sua vita precedente, senza che nessuno gli abbia chiesto cosa ne pensava.

Occorre evitare di pressarlo con richieste di interazione e di contatto fisico se non è lui a cercarle, e anche in quel caso essere delicati e lasciargli sempre modo di sottrarsi, rispettare i suoi tempi e i suoi spazi.

Se la causa dello stress è un’altra, occorre cercare di ridurla e comunque dare tempo al cane di “decomprimersi” senza pretendere che si adegui a tutto senza mai scomporsi.

Se vivi con un cane che mostra dei comportamenti impositivi o aggressivi nei confronti dei familiari, non aumentare il conflitto e peggiorare le cose rispondendo allo stesso modo.

Contatta un professionista, ossia un esperto nell’etologia e nella relazione con il cane, in modo che possa aiutarti a capire cosa sta realmente succedendo e come risolvere.